Con la legge n. 31/2019, è stata novellata la disciplina delle azioni di classe, che sostituisce quella attualmente presente nel Codice del Consumo.
È bene sottolineare che le nuove norme entreranno in vigore solo il 19 aprile 2020 e si applicheranno alle violazioni commesse successivamente a tale data.
Ecco, in sintesi, le principali novità della riforma.
Class action, l’ambito soggettivo
Se, nel sistema attuale, l’azione di classe è riservata ai soli consumatori (che possono agire direttamente, o per il tramite di associazioni o comitati), la nuova disciplina prevede, invece, che legittimati a proporre l’azione siano:
– sia le organizzazioni e le associazioni senza scopo di lucro (il cui oggetto sociale comprenda la tutela di diritti individuali omogenei) iscritte in un elenco istituito presso il Ministero della Giustizia
– sia ciascun componente della classe.
La class action, pertanto, potrà essere promossa anche da un “non consumatore” (non a caso l’azione di classe non troverà più casa nel Codice del Consumo, ma traslocherà verso il codice di procedura civile), purché portatore di “diritto individuale omogeneo”, ovverosia di un diritto potenzialmente condiviso con altri soggetti che potrebbero vantare le medesime pretese risarcitorie nei confronti di colui contro cui viene promossa l’azione.
Class action, l’ambito oggettivo
Anche dal punto di vista oggettivo la nuova disciplina sembra estendere il suo raggio di applicazione.
Se, infatti, nel Codice del Consumo erano espressamente indicate le materie per le quali poteva essere attivata l’azione di classe (diritti contrattuali, diritti dei consumatori finali nei confronti del produttore e violazioni causate da pratiche commerciali scorrette o comportamenti anticoncorrenziali), la nuova disciplina fa semplicemente riferimento all’esistenza di un “diritto individuale omogeneo” da tutelare, a prescindere da quale sia il contenuto e/o da quale condotta della controparte derivi la lesione del diritto.
Potranno trovare spazio, pertanto, situazioni che in passato rimanevano fuori dal perimetro della class action (basti pensare, per esempio, ai casi di danni da violazioni di norme in materia ambientale) e costringevano il danneggiato ad assumere, da solo, tutte le spese e i rischi di un’azione giudiziaria ordinaria.
Class action, ampliamento del termine per aderire
Nel sistema attualmente in vigore, tutti coloro che si riconoscono appartenenti alla “classe”, possono aderire all’azione avviata da un terzo entro il termine perentorio (non superiore a 120 giorni) che il giudice fissa con l’ordinanza che dichiara ammissibile il procedimento.
I consumatori, pertanto, devono decidere se aderire o meno prima di conoscere se l’azione di classe, oltre che ammissibile, sia anche fondata e dia loro diritto ad un risarcimento.
Con la nuova disciplina non sarà più così: i soggetti titolati potranno aderire entro un termine compreso tra 60 e 150 giorni, decorrenti, come attualmente, dalla dichiarazione di ammissibilità o, qui la novità, dalla sentenza di accoglimento.
Questa nuova finestra di adesione comporta due importanti conseguenze:
- per un verso, i soggetti lesi risulteranno avvantaggiati, poiché potranno decidere di aderire quando già è stato riconosciuto il diritto al risarcimento (senza dover quindi operare una scelta “al buio”) e quando già conosceranno l’importo risarcibile;
- per altro verso, i soggetti convenuti risulteranno invece svantaggiati, poiché dovranno fare i conti con l’incertezza data dall’esito della causa, ma soprattutto con quella dell’ammontare del danno da risarcire, che potranno quantificare soltanto quando il termine di adesione post sentenza sarà trascorso.
Con tale riforma, quindi, il legislatore sembra aver voluto dare una disciplina più organica e generale delle azioni di classe, con lo scopo di allargare l’ambito di operatività della norma in un’ottica di maggior tutela dei soggetti danneggiati.
Solo il tempo potrà dirci se questa operazione di restyling darà nuova linfa a uno strumento ancora scarsamente utilizzato in Italia.