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Con ordinanza depositata il 5 gennaio 2024, il Tribunale di Piacenza approfondisce uno dei più rilevanti (e controversi) aspetti della Composizione Negoziata della Crisi (“CNC”): il provvedimento di proroga delle misure protettive.

 

 

 

          La vicenda

 

Su richiesta del debitore, il Tribunale di Piacenza concede la proroga delle misure protettive con un’ordinanza contro cui viene proposto reclamo da uno dei creditori per i seguenti motivi:

  1. assenza di contraddittorio in violazione dell’art. 19 co. 5 CCII;
  2. mancata acquisizione del parere dell’esperto ex 19 co. 4 CCII;
  3. assenza di trattative con i creditori in sede di CNC funzionali al raggiungimento di un accordo e mancata immissione dei capitali necessari al progetto di risanamento.

 

La decisione del Tribunale di Piacenza

 

Lette le memorie depositate, il Collegio respinge il reclamo sulla base delle seguenti ragioni:

  • la domanda di proroga delle misure protettive non impone, ai fini della decisione, di sentire i creditori, ben potendo il Giudice decidere senza contraddittorio tra le parti per ragioni di “snellezza” processuale;
  • il parere dell’Esperto, previsto ex 19 co. 4 CCII, non è un atto processualmente prodromico alla concessione del provvedimento di proroga;
  • il provvedimento di proroga deve essere valutato esclusivamente alla luce dei requisiti sostanziali per la concessione e cioè il fumus boni iuris (la sussistenza di concrete prospettive di risanamento) e il periculum in mora (l’idoneità della proroga a consentire la prosecuzione delle trattative con i creditori volte al risanamento).

 

Il rischio di tale interpretazione

 

Sebbene l’art. 19 co. 6 CCII preveda che il Giudice operi un bilanciamento tra gli opposti interessi in campo per evitare che risulti sproporzionato il mantenimento delle misure rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori, l’interpretazione del Tribunale di Piacenza sembra comprimere oltremodo le ragioni di questi ultimi in favore di quelle del debitore.

Infatti, la concessione della proroga, in mancanza del parere dell’Esperto e del contraddittorio con i creditori, rischia di tradursi in un mero acritico “semaforo verde” a quanto riferito e richiesto dal debitore.

 

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Ecco perché, per contrastare abusi dilatori che possano alla lunga penalizzare le ragioni creditorie, varrà sempre la pena valutare, insieme a professionisti esperti e con competenze multidisciplinari, la legittimità della proroga della concessione di misure protettive e, nel caso, chiederne la revoca o la modifica, enfatizzando tutti quegli elementi (ad es. incremento del passivo, inattuabilità del piano di risanamento, sterilità delle trattative intercorse etc.) che consigliano di non protrarre inutilmente il regime di standstill.

 

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