Con l’entrata in vigore della Legge n. 179/2017 viene introdotto anche in Italia il c.d. whistleblowing, termine d’oltreoceano con cui si definisce la condotta del lavoratore che segnala irregolarità o reati appresi per ragioni di lavoro.
Per la verità, già nel 2012, con la legge anticorruzione n. 190, si era cercato di fornire una prima disciplina generale a tale importante presidio nel contrasto alla corruzione.
Il timido tentativo era tuttavia limitato al pubblico impiego e non era riuscito a dare risposte sufficientemente severe alla crescente istanza di concreta prevenzione a cui il legislatore intende dare oggi risposte più ferme, estendendo la tutela del segnalante (il whistleblower) anche al settore privato.
L’art. 54bis T.U. Pubblico Impiego e l’art. 6 D. Lgs. 231/2001 dell’impiego privato, incidendo sia su aspetti sostanziali (laddove viene prescritta l’adozione di specifiche procedure) che processuali (laddove viene chiarita la dinamica del confronto giudiziale) introducono il whistleblowing nella normativa italiana.
Le principali novità del Whistleblowing
(i) Nullità del licenziamento e di altri provvedimenti penalizzanti.
Il whistleblower (dipendente pubblico o privato) non potrà essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa (che comporti conseguenze negative, dirette o indirette, sulle condizioni di lavoro) con provvedimenti determinati dalla segnalazione. In caso contrario, i provvedimenti saranno nulli.
(ii) Inversione dell’onere della prova.
Sarà comunque a carico del datore di lavoro l’onere di dimostrare che le misure penalizzanti nei confronti del whistleblower siano state adottate per motivi comunque estranei alla segnalazione.
(iii) Reintegrazione nel posto di lavoro.
Il lavoratore del settore pubblico licenziato in violazione del divieto in questione avrà diritto a essere reintegrato.
(iv) Sanzioni amministrative.
Eventuali atti discriminatori, al pari di eventuali omissioni in termini di prevenzione da parte del responsabile, saranno colpiti da sanzioni amministrative pecuniarie
(v) Blocco della tutela.
Il dipendente pubblico che segnalerà atti discriminatori non avrà diritto alla tutela, qualora riporti una condanna in sede penale per calunnia, diffamazione o altri reati commessi in sede di denuncia o quando sia accertata la responsabilità civile per dolo o colpa grave.
(vi) Rivelazione del segreto.
La denuncia di condotte illecite da parte del dipendente pubblico e privato non costituirà violazione del segreto d’ufficio, professionale, scientifico e industriale, purché la rivelazione sia effettuata con modalità non eccedenti la finalità di eliminazione dell’illecito.
(vii) Integrazione del “Modello 231”.
I Modelli di Organizzazione e di gestione dovranno recepire recepire la nuova disciplina con apposite policies aziendali a tutela dei soggetti che dovessero segnalare irregolarità o illeciti, in particolare:
prevedendo modalità (anche informatiche) che consentano di presentare segnalazioni coperte da riservatezza;
vietando atti di ritorsione o di discriminazione nei confronti del segnalante per motivi collegati alla segnalazione e
stabilendo sanzioni nei confronti di chi violi le misure poste a tutela del segnalante, nonché di effettui con dolo o colpa grave
LR&Partners presta consulenza nell’adeguamento dei Modelli 231 e nell’eventuale contenzioso che dovesse derivare dalla disciplina recentemente introdotta.