E’ di pochi giorni fa la nuova legge sulla responsabilità dei sanitari e delle strutture socio-sanitarie che ha già acceso un vivace dibattito intorno all’argomento.
La novella appare destinata a rovesciare, almeno nelle intenzioni del Legislatore, l’intero apparato della responsabilità del medico, sia in ambito civile che in ambito penale, anche se non mancano nodi critici che solo gli interpreti potranno sciogliere.
Ecco in sintesi cosa cambia. 

La nuova responsabilità penale 

La riforma introduce nel codice penale l’articolo 590 sexies, che abbandona definitivamente la differenza tra colpa lieve e colpa grave marcata dalla nota Legge Balduzzi.
Viene infatti abrogato l’art. 3, comma 1 della legge 189/2012, e viene stabilito che:
a) in caso di morte e/o lesioni cagionate con negligenza o imprudenza nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene previste per i reati di omicidio colposo o di lesioni personali colpose,
b) mentre nel caso di imperizia, la punibilità del medico è esclusa se questi si è attenuto:
– alle raccomandazioni previste dalle linee guida (che saranno pubblicate sul sito internet dell’Istituto Superiore di Sanità e aggiornate ogni due anni), oppure, in mancanza delle linee guida,
– alle buone pratiche clinico-assistenziali,
in entrambi i casi purché le linee guida o la best practice siano adeguate alla specificità del caso concreto.
Siamo di fronte a novità di non poco momento, che mirano a superare il parametro della colpa lieve, disancorando la punibilità del medico dalla gravità della condotta per fornire agli operatori, con linee guida ufficiali, una bussola che consenta loro di orientare la prassi quotidiana e di mettersi al riparo da contestazioni di malpractice per imperizia.

L’operatore, però, rischia di cadere in errore se pensa che, seguendo pedissequamente le linee guida, andrà comunque esente da qualsiasi claim.
Come un’eco della precedente impostazione, infatti, sembra ancora possibile la c.d. “perizia imperita”, integrata qualora il medico abbia applicato tout court le linee guida, invece di disattenderle o di declinarle in modo adeguato alla specificità del caso concreto.

Dubbi che, come detto, saranno affrontati (e risolti, si auspica) man mano che interpreti e Giudici saranno chiamati a misurare il concreto impatto della novella sulla prassi quotidiana.

La nuova responsabilità civile

Prima di oggi medico e struttura sanitaria rispondevano per responsabilità contrattuale.

Per la struttura sanitaria, infatti, valeva il contratto di spedalità concluso con il paziente, mentre per il medico valeva il contratto da c.d. contatto sociale, fondato su quella particolare relazione di fatto che si instaura con il paziente e ritenuta per sé idonea a far insorgere specifici doveri di condotta.
Le conseguenze di tale qualificazione andavano senz’altro a vantaggio del danneggiato, sul piano sia della prescrizione decennale sia dell’onere della prova, più leggero: incombeva infatti sulla struttura e sul medico (nonché sulla compagnia assicurativa chiamata in causa) l’onere di provare l’inimputabilità dell’evento, ovverosia che la condotta era stata diligente e, ciò nonostante, non era stato possibile evitare il danno.

Con la nuova legge, se per la struttura sanitaria nulla cambia, la responsabilità del medico viene al contrario ricondotta a una diversa categoria, quella della responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c.
Con conseguenze non banali per il danneggiato, che andrà incontro a una prescrizione dimezzata (i.e. cinque anni) e a un onere probatorio ben più pesante, dovendo dimostrare la colpa del medico e il nesso causale.

Il legislatore, cavalcando questa scelta, deve aver tenuto conto delle opinioni espresse da molti giudici di merito, all’indomani dell’introduzione della Legge Balduzzi, secondo cui la condotta del medico doveva essere valutata utilizzando quale parametro la responsabilità aquiliana (tra le altre Trib. Milano 9693/2014, Trib. Varese 1406/2012).

Tuttavia, non è tutto oro quel che luccica.

La nuova Legge, infatti, nel fare esplicito riferimento all’art. 2043 c.c., aggiunge anche “salvo esista una obbligazione contrattuale assunta con il paziente”.
Resta quindi da comprendere se e quando si verifichi tale circostanza e, soprattutto, se possa nuovamente ricadere in tale ipotesi la figura del contatto sociale, con la conseguenza che poco cambierebbe rispetto al passato.

La palla torna, a quanto pare, nelle mani dell’interprete, che con le future pronunce determinerà, di fatto, il successo (o l’insuccesso) della nuova legge.

Responsabilità professionale e risarcimento del danno