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Le Società fiduciarie

 

Le società fiduciarie sono state introdotte nel nostro ordinamento dalla legge n. 1966/1939.

L’intestazione fiduciaria rappresenta oggi uno dei principali strumenti impiegati per la tutela dei propri beni, che vengono amministrati dalla società fiduciaria per conto di terzi (i c.d. fiducianti che possono essere persone fisiche o giuridiche), in virtù di un mandato senza rappresentanza che ne prescrive modalità, condizioni e scopi.

Più di preciso, attraverso il negozio fiduciario la società fiduciaria acquisisce un diritto sui beni, obbligandosi ad amministrarli e gestirli strumentalmente al raggiungimento del fine stabilito dal fiduciante.

Elemento caratterizzante il negozio fiduciario è la riservatezza, atteso che il trasferimento del diritto al fiduciario ha efficacia reale verso i terzi.

Sul tema si è espressa recentemente la Corte di Cassazione con la sentenza n. 17151/2023, che ha affermato che la violazione delle disposizioni impartite dal fiduciante da parte del fiduciario, obbliga lo stesso a risarcire il danno cagionato.

Il Trust

Il trust è un istituto giuridico di origine anglosassone, disciplinato dalla Convenzione dell’Aja del 1/07/1985, che ha trovato ingresso nel nostro ordinamento con la Legge di ratifica n. 364/1989.

Esso, ai sensi di quanto previsto dall’art. 6 della citata Convenzione, può essere regolato dalla legge sul trust di uno stato estero, che verrà scelta dal disponente.

Trattasi di un negozio mediante il quale il disponente (cd. settlor) trasferisce i propri beni ad un operatore (cd. trustee) che avrà il compito di amministrarli e disporne per un determinato scopo, secondo le indicazioni fornitegli.

Tale attività può essere controllata da un guardiano (cd. protector) che vigilerà, insieme al disponente, sull’operato del trustee.

L’unico limite che incontra il disponente è la liceità, dovendo il trust rispettare le norme imperative, l’ordine pubblico ed il buon costume ai sensi dell’art. 1322 c.c.

Dal punto di vista pratico, quindi, tale istituto può essere utilizzato per moltissimi scopi: ne sono un esempio i trustfinalizzati a regolamentare la successione del settlor o la sua assistenza, nonché quelli volti a gestire partecipazioni societarie o aventi scopo di beneficenza.

Il trust, come precisato dalla Corte di Cassazione (cfr. Cass. Civ. n. 1826/2022; Cass. Civ. n. 25800/2015), è ente privo di personalità giuridica, identificandosi in un patrimonio destinato ad uno scopo prestabilito, che viene amministrato dal trustee, unico soggetto legittimato a far valere i diritti conferiti nel patrimonio vincolato.

I beni appartenenti al trust non appartengono al disponente, né entrano a far parte del patrimonio del trustee, con la conseguenza che i rispettivi creditori non potranno far valere le loro pretese sul patrimonio del trust.

L’istituto del trust è riconosciuto dal nostro ordinamento non solo da un punto di vista civilistico, ma anche fiscale.

Infatti, di recente l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 34/2022, ha dettato le modalità operative per la gestione fiscale dello strumento ai fini dell’imposizione diretta ed indiretta.

 

Trust e riservatezza: un connubio possibile nel nostro Paese?

 

Di recente è stato istituito, con il Decreto n. 55/2022 (entrato in vigore il 9/06/2022), il cd. registro dei titolari effettivi, istituito presso il Registro delle Imprese.

Secondo la normativa antiriciclaggio, il titolare effettivo è la persona fisica che possiede o controlla un’entità giuridica ovvero ne risulta beneficiaria.

Il predetto Decreto detta, in particolare, le disposizioni per la comunicazione al Registro delle Imprese dei dati e delle informazioni relativi alla titolarità effettiva di trust produttivi di effetti giuridici rilevanti a fini fiscali, nonché di istituti giuridici affini al trust, per la loro iscrizione e conservazione nelle specifiche sezioni del Registro.

La finalità è quella di individuare l’effettivo titolare del rapporto giuridico.

Molti interpreti si interrogano sulla legittimità di tale norma, soprattutto con riguardo alla compromissione dei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali.

Sembra, infatti, che il legislatore italiano non abbia tenuto conto della recente sentenza della Corte di Giustizia UE del 22/11/2022 nelle cause riunite n. C-37/20 e C-601/20, che ha dichiarato l’invalidità della disposizione della direttiva antiriciclaggio ai sensi della quale gli Stati membri provvedono a rendere accessibili in ogni caso al pubblico le informazioni sulla titolarità effettiva delle società e delle altre entità giuridiche costituite nel loro territorio.

Rimaniamo a questo punto in attesa di vedere se il nostro legislatore farà propri i precetti affermati in sede comunitaria, modificando il proprio diffidente approccio verso il trust.

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