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Con la recentissima sentenza in commento, il Tribunale di Napoli affronta il caso di un contratto di locazione stipulato in assenza di forma scritta, qualificandolo come occupazione senza titolo.
La vicenda
Madre e figlio, convengono in giudizio l’inquilina di un immobile di loro titolarità, affermando di aver invano tentato ripetutamente di mettersi in contatto con la stessa al fine di formalizzare un contratto scritto di locazione.
Secondo i proprietari, l’inquilina si sarebbe sempre rifiutata di stipulare il contratto, pur continuando a occupare l’immobile, nonostante i numerosi inviti a rilasciarlo.
L’occupante, sostenendo al contrario di aver sempre insistito per formalizzare il contratto, domanda al Giudice di “sanare” l’occupazione, dichiarando l’esistenza tra le parti di un rapporto di locazione ad uso abitativo a canone “concordato”.
La richiesta di “sanatoria”
Il Tribunale di Napoli ha rigettato la domanda di “sanatoria” dell’occupante.
La richiesta di quest’ultima si basava, infatti, sulla vecchia formulazione del comma 5 dell’art. 13, D.lgs. 431/98 (legge sulle locazioni), che permetteva al conduttore, in assenza di valido contratto scritto, di chiedere al Giudice di convalidarlo, imponendo altresì al locatore la restituzione dei canoni versati in eccedenza rispetto alle tariffe calmierate definite dagli accordi locali. Si tratta, tuttavia, di una norma abrogata, che quindi non può più trovare applicazione.
Le ragioni della occupante avrebbero trovato maggior tutela se la sua difesa avesse invocato l’applicazione di altra norma.
E infatti, tutte le volte in cui il locatore non abbia provveduto alla registrazione del contratto (e quindi senz’altro in tutti i casi di contratto di locazione verbale), il nuovo art. 13, comma 6 del D.lgs. 431/98 stabilisce che il conduttore possa chiedere al Giudice a) la riconduzione del rapporto di fatto al contratto di locazione e b) la determinazione del canone al valore minimo, secondo le disposizioni contenute nella legge medesima.
I locatori, quindi, devono prestare particolare attenzione tutte le volte in cui decidano di non dare una veste scritta al rapporto con l’inquilino (oppure di non registrare il contratto di locazione), pena la nullità del contratto, e l’applicazione da parte del Giudice di condizioni contrattuali sfavorevoli rispetto a quelle di mercato.
La forma del contratto di locazione
Non potendo dare seguito alla richiesta di applicare una norma non più in vigore, il Giudice partenopeo ha pertanto stabilito che, in assenza della forma scritta, il contratto di locazione va ritenuto nullo e chi lo occupa senza titolo va condannato all’immediato rilascio dell’immobile.
D’altra parte, è l’art. 1, comma 4 della legge sulle locazioni abitative a stabilire chiaramente come:
“A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta”.
Obbligo di forma scritta che risponde a molteplici esigenze, tra cui quelle di:
- certezza sull’esistenza e sul contenuto del contratto, anche in funzione di un più penetrante contrasto all’evasione;
- trascrivibilità del contratto a fini di pubblicità e, quindi, a tutela dei diritti nascenti dal contratto;
- protezione del contraente che, con l’adozione della forma scritta, viene reso edotto e consapevole delle obbligazioni assunte con l’avvio della locazione;
- stabilizzazione del canone di locazione che, anche allorché liberalizzato, deve rimanere quello indicato nel contratto e non può quindi essere modificato unilateralmente da una delle parti.
La sentenza in commento offre, una volta di più, lo spunto per ricordare a chi redige i contratti di locazione che forma e contenuto godano di pari importanza e debbano essere oggetto di pari attenzione, per evitare che successive pronunce giudiziali possano stravolgere l’assetto negoziale voluto dalle parti.