locazione e diritto di creditoCon la sentenza in commento la Cassazione ha respinto la richiesta formulata dal locatore dopo anni di inerzia, tesa a ottenere il pagamento di tutti i canoni arretrati in unica soluzione.

 

Il caso

 

Il proprietario dell’immobile, dopo aver ottenuto decreto ingiuntivo per i canoni maturati dal 2004 al 2013, doveva affrontare l’eccezione di esercizio abusivo del diritto sollevata dal conduttore nel giudizio di opposizione.

In secondo grado, la Corte d’Appello di Milano rilevava in effetti che, tra il 2004 e il 2011, il locatore non aveva mai chiesto il pagamento dei canoni, accogliendo così solo in parte la domanda del creditore, limitandola ai soli canoni maturati tra il 2011 (data della richiesta di pagamento) e il 2013 (data di rilascio dell’immobile).

In particolare, il giudice di seconde cure riteneva che l’obbligo di corrispondere i canoni fosse entrato in una sorta di quiescenza (determinata proprio dalla condotta sonnecchiante del locatore), per poi risorgere soltanto nel 2011, quando il proprietario irrompeva per la prima volta con la formale richiesta di pagamento.

In altre parole, tale modalità di esercizio del diritto di credito violava l’affidamento (ritenuto legittimo dalla Corte d’Appello) ingenerato nel conduttore sulla abdicazione al diritto a riscuotere i canoni.

 

L’inerzia del creditore e l’abuso del diritto

 

La Suprema Corte, investita della vicenda, condivideva le motivazioni della Corte d’Appello di Milano, facendo leva sul principio di buona fede quale estrinsecazione dei doveri di solidarietà sociale di rango costituzionale (cfr. art. 2 Cost.).

Si tratta dei “doveri collaterali di protezione” secondo cui, nell’esecuzione del contratto, ogni parte deve agire preservando gli interessi dell’altra, anche a prescindere da specifici obblighi contrattuali.

Secondo gli Ermellini, dunque, la violazione del principio di buona fede (che danneggi la controparte contrattuale) rende abusivo l’esercizio del diritto, anche se in sé astrattamente legittimo.

L’esercizio abusivo del diritto ricorre quando il titolare faccia valere il suo diritto con modalità non necessarie e irrispettose del dovere di correttezza e buona fede, creando così un sacrificio eccessivo e ingiustificato a carico dell’altra parte.

Inerzia e ritardo possono dar luogo, pertanto, a una violazione del principio di buona fede quando si traducano in un danno per il debitore, sproporzionato rispetto al sacrificio sofferto dal creditore per l’impossibilità di incassare i canoni pregressi.

Nel caso in esame, il revirement del locatore che, dopo sette anni di silenzio, pretendeva improvvisamente e cumulativamente il pagamento di tutti i canoni in unica soluzione:

  • per un verso, era tale da ledere l’affidamento maturato in capo al conduttore sulla sostanziale rinuncia del locatore ai canoni pregressi e
  • per l’altro, risultava oltremodo gravoso per il conduttore, essendo ovviamente molto diverso versare i canoni mese per mese dal versarne decine di mensilità tutte insieme in una sola volta.

Motivo che ha portato alla decisione della Suprema Corte di riconoscere solo l’ultima parte dei crediti azionati dal locatore.

 

Inerzia e prescrizione

 

Attenzione però, il percorso argomentativo della Corte di Cassazione non conduce tout court all’equazione che farebbe equivalere il “ritardo nell’esercizio del diritto” all’ “abuso del diritto”.

Sono gli stessi Ermellini, infatti, a sottolineare come la tolleranza del creditore non sia da sola idonea a giustificare il persistente inadempimento del debitore, né comporti una tacita modifica degli accordi contrattuali, essendo necessario valutare caso per caso la condotta delle parti e il sacrificio dalle stesse sofferto a fronte di un ritardato esercizio del diritto di credito.

Ritardato e non tardivo, dovendo ricordare come, nella odierna disamina, si inserisca l’istituto della prescrizione, che mira a conservare comunque intatto il diritto di credito per il tempo prestabilito dalla legge.

In conclusione, il creditore che si crogioli nella prescrizione ritardando oltremodo l’esercizio del suo diritto rischia di inciampare in una condotta abusiva che potrebbe mettere a rischio l’aspettativa nutrita nella prolungata inerzia.

 

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