La ricerca di soluzioni che possano sostenere il mercato del lavoro alle prese con gli effetti del Coronavirus, hanno spinto il Governo ad adottare un pacchetto di norme finalizzate a rimuovere alcune strettoie tipiche dei contratti a tempo determinato.

 

 

 

 

Il Decreto “Cura Italia”

Un primo intervento in materia si è registrato con l’entrata in vigore della legge n. 27 del 29 aprile 2020 di conversione, con modifiche, del c.d. Decreto “Cura Italia” (D.L. n. 18 del 17 marzo 2020).

L’art. 19 bis, infatti, ha concesso “ai datori di lavoro che accedono agli ammortizzatori sociali” previsti dal Decreto, “la possibilità (…) di procedere, nel medesimo periodo, al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione.

La norma, dunque, sospende il divieto previsto dall’art. 20, comma 1, lettera c, D.Lgs. n. 81/2015 (che impedisce, appunto, l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, qualora l’azienda stia usufruendo, nelle medesime unità produttive, di un ammortizzatore sociale).

La sospensione del divieto abbraccia anche la proroga e il rinnovo dei rapporti in regime di somministrazione lavoro.

Non solo.

Allo scopo di spingere i datori di lavoro a utilizzare maggiormente questo strumento in un periodo così particolare, è stato rimosso anche l’obbligo di una “vacanza” contrattuale tra due rapporti a tempo determinato, più nota come “stop & go” (obbligo previsto dall’art. 21, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015).

Il Decreto “Rilancio”

Il c.d. Decreto “Rilancio” (D.L. n. 34 del 19 maggio 2020) torna dunque a concentrarsi sui rapporti a termine, lasciando inalterato il predetto art. 19 bis, e introducendo una ulteriore e autonoma norma, l’art. 93, in cui si prevede che “in deroga all’articolo 21 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, per far fronte al riavvio delle attività in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID 19” è possibile rinnovare o prorogare i contratti a tempo determinato, già in essere al 23 febbraio scorso, “anche in assenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.”

È dunque possibile superare:

  • sia il limite annuale di durata del contratto (senza necessità di indicare la cosiddetta “causale”)
  • sia quello delle quattro proroghe o rinnovi.

Anche in questo caso, però, resta:

  • il limite del 30 agosto 2020,
  • e quello del 23 febbraio 2020 (atteso che la nuova disposizione può trovare applicazione solo per rinnovare o prorogare contratti che erano già in essere a tale data).

I dubbi sollevati dal Decreto “Rilancio”

L’articolo 93, tuttavia, solleva dubbi interpretativi non banali.

Su tutti, l’inciso iniziale: “per far fronte al riavvio delle attività in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.

Una lettura restrittiva della norma potrebbe portare a ritenere che la deroga all’art. 21 del D.Lgs. 81/2015 sia consentita solo per quelle aziende che si trovano nella necessità di riavviare l’attività a seguito della sospensione dell’attività produttiva, lasciando così escluse tutte quelle imprese che, invece, hanno proseguito la propria attività anche durante il lockdown (magari solo da remoto).

Proseguendo, nell’art. 93 manca il richiamo esplicito (presente invece nel Decreto “Cura Italia”) ai rapporti in somministrazione.

Come noto, in base all’art. 34, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015, la disciplina dell’art. 19 della medesima legge si applica anche nel caso di somministrazione a tempo determinato: anche in questo caso, dunque, è necessario indicare una delle causali previste per i rapporti a termine dopo i primi 12 mesi.

Tuttavia, il semplice richiamo di cui all’art. 93, sulla possibilità di deroga dell’art. 19 del D.Lgs. n. 81/2015, non sembra sufficiente a consentire di ricomprendere anche i rapporti in somministrazione, visto l’incipit dell’art. 93 (che prevede, appunto, una deroga solo all’art. 21, e non anche all’art. 34, 2° comma del D.Lgs. n. 81/2015).

Ulteriore nodo interpretativo era quello legato alla scadenza del 30 agosto 2020.

Non era chiaro se tale data rappresentasse il limite massimo di durata del contratto a termine rinnovato o prorogato senza causali oppure il termine massimo entro cui era possibile attuare proroghe o rinnovi.

In questo caso, tuttavia, il Ministero del lavoro, ha poi precisato che è proprio la durata del contratto a non poter superare il termine del 30 agosto 2020.

È auspicabile che i dubbi residui vengano definitivamente fugati da una più chiara formulazione della norma in occasione della conversione in Legge del Decreto.

Infine, sulla durata delle misure in questione, il Governo sta pensando di mantenerle almeno fino a fine anno, congelando le causali previste dal c.d. Decreto “Dignità” e facendo ragionevolmente prevedere una ulteriore proroga anche del blocco dei licenziamenti.

Certo è, come ha avuto modo di sottolineare il Ministro dell’Economia, che “queste misure non potranno essere tenute in eterno.

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