Con la sentenza n. 28516 del 6 novembre 2019, la Corte di Cassazione è tornata sul tema della responsabilità datoriale ex art. 2087 c.c. in caso di inadempimento
contrattuale dell’obbligo di prevenzione in materia di “sicurezza sui luoghi di lavoro”
La recente pronuncia si concentra sull’onere della prova a carico del lavoratore che agisca in via risarcitoria nei confronti del datore, per aver violato gli obblighi di
prevenzione di cui all’art. 2087 c.c
Nel caso specifico, si trattava di un ferroviere che, colto da infarto a seguito dell’aggressione subita da due malviventi mentre era in servizio, imputava il danno alla carenza di misure di sicurezza adottate dal suo datore.
Gli Ermellini, confermando il verdetto della Corte di Appello di Bari, hanno negato la pretesa risarcitoria, avendo rilevato un difetto probatorio:
a. sugli indici di nocività dell’ambiente di lavoro, ovverosia dei concreti fattori di pericolosità connessi alle modalità della prestazione lavorativa, e
b. sulle speciali misure di sicurezza e di prevenzione che il datore di lavoro avrebbe dovuto adottare.
In altre parole, la mera allegazione del «fatto del terzo» (quale l’aggressione criminale) non è quindi ritenuta sufficiente a integrare la responsabilità datoriale ex art. 2087 c.c.
I Giudici di legittimità, infatti, escludono che la norma configuri una ipotesi di «responsabilità oggettiva» e non pone in capo al datore l’obbligo di rendere l’ambiente di lavoro del tutto privo di rischi.
L’elemento costitutivo della responsabilità datoriale di cui all’art. 2087 c.c. è invece la «colpa», intesa come difetto di diligenza nella adozione di misure idonee a prevenire danni ai dipendenti.
Di conseguenza, non aver eliminato in assoluto il pericolo astratto di una determinata eventualità, per quanto prevedibile, non rende l’imprenditore tout court negligente.
Per concludere, il lavoratore che lamenti una lesione alla propria integrità fisica e/o morale, a causa della asserita violazione degli obblighi di protezione e prevenzione che incombono sul datore di lavoro, è tenuto a dimostrare in concreto e con rigore probatorio
(i) la sussistenza di rischi specifici
(ii) la mancata adozione di misure per evitarli e
(iii) il nesso causale tra l’una e l’altra