Con il recente “Decreto Fiscale” collegato alla legge di Bilancio 2020 si registra un rilevante intervento sull’impianto sanzionatorio penale tributario disciplinato dal D. Lgs. n. 74/2000.

L’inasprimento delle pene principali e la riduzione delle soglie di rilevanza penale di alcune violazioni fiscali sono modifiche cui si affianca quella non meno significativa dell’inserimento della “dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per prestazioni inesistenti” (art. 2 D. Lgs. 74/2000) tra i reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D. Lgs. 231/2001.

La conseguenza è che, in caso di condanna per il suddetto reato, potrà essere adottata nei confronti dell’ente una sanzione pecuniaria fino ad un massimo di euro 775.000, con applicazione della confisca per equivalente direttamente nei confronti della società.

Non solo.

L’introduzione del reato in esame nella “lista 231” consentirà di contestare anche all’ente l’illecito amministrativo relativo all’autoriciclaggio del profitto del reato tributario (purché, ovviamente, tale reato sia stato attribuito ad uno dei soggetti che, ai sensi dell’art. 5 D. Lgs. 231/2001, possono coinvolgere la responsabilità dell’ente).

L’importante impatto in ambito di responsabilità amministrativa degli enti che consegue all’inserimento dell’art. 2 D. Lgs. 74/2000 tra i reati presupposto, obbliga pertanto le società ad adeguare i propri modelli organizzativi, adottando presidi idonei a neutralizzare i rischi di natura fiscale connessi all’attività condotta, sulla scorta del fatto che, l’omesso adeguamento potrebbe comportare, oltre alle contestazioni penali e alle pene pecuniarie previste, anche sanzioni interdittive a carico dell’ente.

La riforma rende pertanto quanto mai consigliabile un’analisi volta all’adozione di modelli organizzativi o all’integrazione di quelli già in essere per uniformarsi alle previsioni contenute nel Decreto Fiscale.

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