Con la Circolare n. 3/2019 dell’11.2.2019, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha tratteggiato gli elementi distintivi dell’appalto illecito rispetto al reato di somministrazione fraudolenta; reato questo, reintrodotto dalla L. 96/2018 di conversione del “Decreto Dignità”.

Appalto illecito e trattamento sanzionatorio

Come già precisato dalla Circolare ministeriale n. 5/2011, l’appalto illecito maschera un’interposizione illecita di manodopera, traducendosi in una messa a disposizione del committente di mere prestazioni lavorative di dipendenti dell’appaltatore. In presenza di un appalto illecito, il dipendente interessato potrà chiedere che, in sede giudiziale, sia accertato un suo rapporto di lavoro direttamente con il committente.

A carico tanto del committente/utilizzatore quanto dello (pseudo) appaltatore, è posta una sanzione amministrativa di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ciascuna giornata di irregolare occupazione (art. 18 del D. Lgs. 276/2003), fermo restando che l’importo complessivo non potrà essere inferiore a € 5.000, né superiore a € 50.000.

Sul piano dei recuperi contributivi e retributivi connessi all’accertamento di un appalto illecito (cfr. Circ. INL 10/2018), va invece rilevato che il committente:

– risponderà sempre ed incondizionatamente delle differenze contributive (calcolate sulla base del ccnl)

– risponderà delle differenze retributive solo nel caso in cui il Giudice, su richiesta del dipendente, accerti che il suo rapporto di lavoro, formalmente intrattenuto con l’appaltatore, intercorra in realtà con il committente.

Se si rinviene la finalità fraudolenta le conseguenze si aggravano

Il ricorso ad un appalto illecito può essere sintomatico di una finalità fraudolenta, se avvenga in violazione di norme inderogabili, per esempio, in materia
– di imponibili contributivi,
– di divieti alla somministrazione,
– di limiti e requisiti alla somministrazione,
al fine di consentire un effettivo risparmio sul costo del lavoro.

Indici di sussistenza di una finalità fraudolenta potranno essere considerati, ad esempio, la prova di una sofferenza finanziaria dell’impresa committente oppure dell’impossibilità per essa di sostenere i costi del personale “appaltato”.

Qualora venga accertata la finalità fraudolenta, il legislatore ha previsto, in aggiunta alla sanzione amministrativa di cui all’art. 18 del D. Lgs. 276/2003, l’ulteriore pena dell’ammenda di 20 euro per ogni lavoratore impiegato e per ogni giorno di lavoro.

Inoltre, in questo caso, il personale ispettivo dovrà:

A) adottare una “prescrizione obbligatoria” con cui:
– si ordina l’immediata cessazione della condotta illecita e
– si intima all’utilizzatore l’assunzione dei lavoratori impiegati per tutta la durata dell’effettivo impiego nel presunto appalto.

B) adottare un provvedimento di diffida accertativa, in ragione delle eventuali differenze retributive riscontrate.

Regime intertemporale

L’Ispettorato ha chiarito che, per le condotte che configurano una somministrazione fraudolenta che abbiano avuto inizio prima del 12 agosto 2018 e si siano protratte successivamente a tale data, il reato sarà configurabile solo a decorrere dal 12 agosto 2018.

Di conseguenza, le sanzioni penali andranno commisurate alle sole giornate successive a tale data. Resta ferma invece l’applicazione delle sole sanzioni amministrative di cui all’art. 18 del D. Lgs. 276/2003 per il periodo antecedente al 12 agosto 2018.

* * *

Il ripristino di un apparato sanzionatorio anche di natura penale è indice dell’attenzione prestata dal legislatore al tema della “genuinità” degli appalti; un segnale che non potrà essere ignorato dagli operatori, oggi più che mai chiamati ad una verifica delle qualità del proprio interlocutore contrattuale e alla previsione di pattuizioni che pongano al sicuro da eventuali contestazioni ispettive.  

Consulenza 

Contenzioso