Le Sezioni Unite e la svolta nel processo civile: 

dalla domanda di adempimento contrattuale all’arricchimento senza causa     

Con la sentenza n. 22404, depositata il 13 settembre 2018, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite è intervenuta sul controverso tema della possibilità per la parte di mutare, nel corso del procedimento civile, la domanda giudiziale originariamente proposta con l’atto introduttivo.

La sentenza ha ad oggetto un contratto di prestazione d’opera professionale che, interamente eseguito dal professionista, era invece rimasto inadempiuto dalla società committente.

Quest’ultima, convenuta in giudizio dal professionista per il pagamento del corrispettivo, con l’atto introduttivo aveva sollevato eccezioni volte a provare la nullità del contratto di prestazione d’opera professionale e, di conseguenza, la mancanza del diritto al compenso da parte del professionista.

Di fronte al rischio di vedere la condanna al pagamento paralizzata dall’eccepita invalidità del contratto d’opera, il professionista aveva quindi deciso di  correggere il tiro dell’iniziale richiesta giudiziale invocando l’arricchimento senza causa, istituto che consente di riportare in equilibrio il rapporto patrimoniale tra le parti, nel caso in cui una di esse, senza una causa, si sia arricchita ai danni dell’altra.

Nel procedimento civile è tuttavia impedito alle parti di proporre in corso di giudizio domande nuove e diverse da quelle formulate nei rispettivi atti introduttivi; è infatti consentito solo di precisare e di modificare le domande già proposte, per non compromettere il diritto di difesa avversario e non allungare inutilmente i tempi del processo.

Dal contenzioso in oggetto nasce dunque la questione rimessa al giudizio delle Sezioni Unite: fino a che punto la parte può spingersi nel precisare o modificare la propria domanda, senza imbattersi nelle preclusioni processuali?

Il nuovo indirizzo delle Sezioni Unite sulla modificazione delle domande

È da qui che nasce la risposta della Suprema Corte, che propone un indirizzo più flessibile motivato da ragioni di diritto sostanziale.

In particolare, con la sentenza citata, le Sezioni Unite hanno ammesso la possibilità di modificare l’originaria domanda, qualora quella nuova si riferisca alla medesima vicenda dedotta in giudizio ed entrambe le domande siano legate da un rapporto di “alternatività” o di “incompatibilità”.

La Corte ha inoltre precisato che tale nuova domanda possa essere ammessa successivamente all’atto introduttivo, ma fino al termine della prima memoria concessa dal giudice ai sensi dell’art. 183, comma 6 c.p.c.

Nel caso specifico, la domanda di arricchimento senza causa – volta a  indennizzare il vantaggio derivante alla committente in danno del professionista che aveva eseguito l’incarico ma non era stato pagato – si riferiva indubbiamente alla medesima vicenda che ha dato origine alla domanda introduttiva di condanna al pagamento di prestazioni professionali.

Inoltre, le due domande si pongono in un rapporto alternativo e tra loro incompatibile, tant’è che la nuova domanda traeva origine proprio dalle eccezioni sollevate dalla committente ed era la diretta conseguenza delle medesime.

In conclusione, secondo le Sezioni Unite, è ammissibile la modifica della domanda giudiziale, purché sia svolta nella prima memoria concessa dal giudice, risulti connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e sia legata alla originaria domanda da un rapporto di alternatività/incompatibilità.

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