Discrezionalità imprenditoriale e sindacabilità dell’operato di amministratori di società

Con la sentenza del 15 maggio 2019 del Tribunale di Roma, i giudici sono tornati sul tema della sindacabilità delle scelte di gestione da parte degli amministratori di una società.

La sentenza conferma il principio generale secondo cui le scelte di gestione sono insindacabili nel merito, pertanto, gli amministratori di una società non potranno essere imputati a titolo di responsabilità per avere compiuto scelte imprenditoriali inopportune dal punto di vista economico.

In altre parole, l’amministratore ha il dovere di gestire l’impresa, ma non è obbligato a garantirne il successo.

Responsabilità degli amministratori

La sentenza concentra la sua attenzione su quanto prevede l’art. 2392 del codice civile in tema di responsabilità degli amministratori; l’articolo misura l’ipotetica responsabilità alla luce di due criteri: la natura dell’incarico e le specifiche competenze possedute dall’amministratore.

A sua volta, il criterio della natura dell’incarico collega il livello di responsabilità dell’amministratore alla dimensione e tipologia dell’impresa gestita, nonché alla funzione di amministratore in quanto tale che deve essere esercitata secondo il generale canone della diligenza c.d. professionale.

Diligenza nell’attività gestoria

Può definirsi ispirata a diligenza l’attività gestoria

  • orientata a prudenza, il che comporta il dovere dell’amministratore di non compiere operazioni troppo rischiose e
  • condotta con perizia, cioè con impiego da parte dell’amministratore di capacità gestionali, commisurate alle sue competenze tecniche.

Gli atti gestori compiuti con perizia, ispirati a diligenza e non in contrasto con i doveri previsti dalla legge e dallo statuto sembrerebbero pertanto sfuggire ad ogni ulteriore sindacato da parte del Giudice.

Discrezionalità imprenditoriale: legittimità e razionalità

Tuttavia, nel corso del tempo, la giurisprudenza ha introdotto due ulteriori limiti al potere discrezionale degli amministratori: la legittimità e la razionalità.

Con riferimento alla legittimità, il Giudice valuta il procedimento decisionale che ha portato l’amministratore a compiere la scelta, verificando che la decisione sia stata coerente e congrua rispetto alle informazioni raccolte, valutando se, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, l’amministratore abbia omesso le necessarie cautele, le opportune verifiche e le informazioni preventive normalmente richieste per compiere tale scelta.

In pratica, il giudice non può sindacare la scelta in sé, ma dovrà senz’altro controllare il percorso attraverso il quale la scelta è stata presa.

Con riferimento invece alla razionalità, non basta che l’amministratore abbia assunto le necessarie informazioni e abbia eseguito tutte le opportune verifiche, essendo comunque necessario che le informazioni assunte e le verifiche eseguite lo abbiano poi indotto ad assumere una decisione non irrazionale.

In conclusione, il potere gestorio di una società rimane discrezionale e insindacabile nel merito, pertanto gli amministratori che hanno agito con la dovuta diligenza e, ciononostante abbiano compiuto scelte che si siano rivelate inopportune economicamente, non possono essere imputati a titolo di responsabilità, sempre che tali scelte siano state legittime e non irrazionali.

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